SANTA INNOCENZA A PIANA
e le vie romane antiche


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Tra le singolarità legate ai luoghi di antica origine merita nota la pieve di Santa Innocenza a Piana non lontana dal fiume Arbia e da Buonconvento di Siena.


In una pergamena del 9 dicembre 1344 un suo abitante, Pagnolo del fu maestro Compagno, confessò di essere il conduttore ad affitto di alcune terre di proprietà di dom. Vanni di Brunaccio rettore della chiesa di San Salvatore di Siena che allora si trovava non lontano da piazza del Campo. Oggi è ricordata da un vicolo stretto e sinuoso dallo stesso nome.
Dal documento appare come il rettore del tempo possedesse un appezzamento a “Valdischile”, con due confini “plebis de Sancta Innocentia” e presso il torrente oggi detto Stile.
Una seconda proprietà non era molto lontana e aveva un capo nella via “a pede et ex(tra) dicte plebis”.
Probabilmente la confessione di Pagnolo sanò un contratto di fatto a lungo non onorato dalla carta e dal pagamento. Quello nuovo durava cinque anni e prevedeva la corresponsione di 32 staia di grano buono e novello da portare a Siena, all’abitazione di Vanni, il giorno di Santa Maria di agosto (l’Assunzione), una delle feste più solenni perché sanciva il termine della mietitura e si riempivano finalmente i granai.
Furono testimoni all’atto Guido di Mino e ser Lorenzo di Martino; lo rogò il notaio Ricco figlio di Lenzo.


Fin qui il contenuto. Ma il documento ha una sua importanza storica perché è uno dei pochi scritti che in Toscana ricordano Santa Innocenza, martire “forestiera”, attestata a Rimini nel maggio 996 come titolare una cappella urbana presso il vescovado. Per la sua festa, che cadeva il 16 settembre, gli Statuti Riminesi prevedevano che venisse offerto al suo altare un pallio.

Sempre a Rimini, nel contado, dette nome ad una insigne pieve del Monte Tauro di Coriano, a est di San Marino, ancora esistente. È citata nel 1059, ma come scrive la Bibliotheca Sanctorum, “questa, come quasi tutte le altre pievi di Romagna”, è da ritenersi “anteriore al secolo XI”. Nel caso di Innocenza, secondo la tradizione leggendaria, la cappella urbana fu costruita dal vescovo San Gaudenzio nel IV secolo sulla sua casa natale, mentre la pieve sarebbe sorta sulle terre di famiglia nel contado.
Proprio nella residenza di campagna, narra la tradizione, l’imperatore Diocleziano, avendo saputo della giovane diciassettenne e della sua fede, ordinò di catturarla e cercò invano di farle rinnegare il credo cristiano, comandando, poi, di ucciderla.

L’agiografia purtroppo non ricorda molto altro. Da notare però un’altra osservazione della Bibliotheca, sul fatto che “è sempre al litorale adriatico della via Flaminia che ci portano testimonianze di culto e tradizioni leggendarie”.
La via Flaminia era l’arteria che collegava Roma con Fano e quindi con Rimini, e il suo accostamento alle tradizioni agiografiche, soprattutto dei martiri, che erano quelli che si voleva far conoscere alle popolazioni, rende possibile una chiave di lettura anche per il culto di Santa Innocenza nel contado senese. Un’altra via romana infatti passava vicino a Piana ed era la Francigena. Una delle sue tappe principali era Ponte d’Arbia poco a nord di Buonconvento.

Santa Innocenza senese fu anche pieve come l’omonima di Rimini, e a lungo mantenne un ospizio, così come chiesa e ospizio fu San Salvatore di Siena.
La vicina villa della Piana, fu anche una fattoria, o Grancia, dell’ospedale della Scala di Siena, e forse rilevò l’ospedale dei tempi più lontani.
Avvicinandosi invece alle epoche nostre, il Repetti accenna alla “strada Regia romana” del 1189 e a una canonica nella quale la sera del 7 luglio 1538 alloggiò papa Paolo III al suo ritorno dal congresso di Nizza.

Mettendo insieme le testimonianze, appare sempre più evidente il ruolo delle vie romane nella diffusione del culto di Innocenza. Il legame, è vero, resta poco documentato ma è intuibile se si pensa alla via Flaminia e alla via Francigena o all’origine, cioè a Roma, o alle loro diramazioni e ai passaggi dall’una all’altra, forse a Acquapendente, o in Umbria al Trasimeno.

Paola Ircani Menichini, 22 gennaio 2021.
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Sul culto degli eroi dell’antichità e dei santi in epoca cristiana scrisse il padre Hippolyte Delehaye (1859-1941) della Società dei Bollandisti in Leggende agiografiche:

... “Il culto dei santi non deriva dal culto degli eroi, ma dal culto dei martiri, e gli onori resi a questi fino dall’origine della nuova religione e dalle prime generazioni cristiane, che conobbero il battesimo di sangue, sono una conseguenza diretta dell’eminente dignità dei testimoni di Cristo, proclamata da Cristo stesso. Del rispetto di cui si circondavano le loro spoglie mortali, e dalla confidenza nella loro intercessione, è derivato il culto delle reliquie, con tutte le sue manifestazioni, con le sue esagerazioni, abbastanza naturali, e anche, convien dirlo, con i suoi eccessi che hanno a volte compromesso la memoria che si voleva onorare.
Il culto degli eroi presso i greci, è inutile insistervi, non ha lo stesso fondamento teologico del culto dei santi, ed è lungi dal mantenere, come questo, una distanza infinita tra Dio e l’uomo a cui Dio ha elargito i suoi favori”.




Riconoscimenti
Le fotografie


– la pieve di Santa Innocenza a Piana, da Visittuscany.com;

– il chiostro della canonica, foto di Aldo Innocenti su TripAdvisor;

– particolare della pergamena del 1344, Archivio di Stato di Firenze;

– la pieve di Santa Innocenza sul Monte Tauro, da Tourer.it;

– reliquiario di Santa Innocenza di Guido Montanari, 1944, da Beweb;

– la pieve di Santa Innocenza sul Monte Tauro, da Tourer.it;

– Romeo Panzini, Il Martirio di Santa Innocenza, 1888, da Beweb.



Precedenti


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